martedì 6 maggio 2008

La partita più importante

MILANO, 5 maggio - Le figlie, Benedetta e Federica. Quei disegni così allusivi, la prima immagine che ricorda Gianluca Pessotto al risveglio dopo quel terribile volo dal tetto della sede della Juventus il 27 giugno di due anni fa. Benedetta e Federica, le sue due bambine di cinque e dieci anni. “Su un foglio c’erano raffigurati quattro cuori, li aveva creati Benedetta: quello della mamma, gigante e rosso, quello del papà altrettanto grande, ma colorato di blu; poi accanto, più piccolini, il suo e quello della sorella più grande. Federica aveva invece fatto il mio ritratto, quello della mamma e il suo, con intorno un prato stracolmo di fiori e di sole coloratissimo”. Le figlie, la moglie Reana, l’amore.
COL ROSARIO - Il percorso difficile e drammatico che Gialunca Pessotto ha confidato a Donatella Scarnati e Marco Franzelli, raccolto in questo libro, è racchiuso nei suoi affetti più importanti. Nelle prime pagine, il risveglio nel reparto di rianimazione dell’Ospedale Le Molinette, a Torino, incapace di realizzare cosa era successo, perché mai fosse lì, ridotto in quelle condizioni. Un vuoto, uno iato, il buio totale, ma la sua famiglia stretta attorno, le cure premurose dei medici, l’amore sincero dei giocatori che affranti lo vanno a trovare: le lacrime di Paolo Montero, che si precipita dall’Uruguay per stare vicino all’amico così simile per sensibilità, così lontano per temperamento. La commozione discreta di Alessandro Del Piero, mano nella mano con la sua Sonia, che con una garza gli asciuga delicatamente la fronte. Le telefonate, i messaggi, le dediche di tutti. Gli azzurri che gli portano in stanza la coppa del Mondo, provocandogli ahimè una gravissima crisi emozionale, con febbre altissima. Gianluca Pessotto non sa cosa gli è successo quella mattina, perché è salito fino all’ultimo piano: “Avevo con me un rosario, ho preso dalle tasche il telefonino cellulare, le chiavi della macchina e il computer palmare e ho sistemato il tutto con molta cura sul davanzale, davanti all’abbaino. Non mi ero mai sentito così. Vuoto”. La ricostruzione del drammatico gesto quando il racconto è quasi al termine, il dodicesimo capitolo di un libro che dipana una storia straordinariamente normale: quella di una ragazzo per bene, intelligente, posato, una famiglia solida, tranquilla di Lignano Sabbiadoro, il talento per il calcio, la scelta del Milan, il trasferimento a Milano accompagnato da papà Remigio e dallo zio. Un distacco pesante, piange per mesi, in solitudine: “Ripercorrevo le tappe che mi avevano condotto fino a quel punto: il campetto sotto casa a Legnano, le lacrime di malinconia a Milano, le crisi adolescenziali, la solitudine del collegio, e poi, il giro di boa e la scalata verso la cima, fino al traguardo finale”.
LA JUVENTUS – Tutto vissuto silenziosamente, senza riuscire a esternare emozioni e difficoltà, confidando invano nella percezione degli altri. “I miei stati d’animo rimanevano nascosti gelosamente dentro di me. Non riuscivo a mandare segnali di sofferenza o, se li mandavo, erano, come dire, criptati. Difficili da decifrare”. E la riflessione: “La Juventus rispecchia il mio modo di pensare e vivere, Nonostante giocassi in una delle squadre più forti del mondo, la caratteristica dominante era il low profile: non eccedere nell’entusiasmo, non esagerare, nel bene e nel male”. Fragilità celate nella normalità. Troppo spesso interpretate come solidità. Lippi o Capello che lo lasciano in panchina: “Tanto tu capisci”. Il dramma del doping o di Calciopoli vissuti troppo intensamente, ancora e sempre in solitudine. Fortunatamente dal vuoto è riemersa la luce. E’ esplosa la voglia di parlare, di recuperare una dimensione più solare. Una catarsi benefica. La rinascita. Preziosi per riportare a galla la fiducia, la vita, l’amore. Messi a fuoco nella recente vacanza in Madagascar, in un bagno notturno: “L’entusiasmo di Federica e Benedetta si accendeva intorno a me. Le mie gambe godevano di una leggerezza ritrovata, la mia pelle era inebriata da quel contatto lieve come un velluto e dolce come una carezza. In quell’acqua potevo finalmente sentire il mio corpo privo delle catene che lo avevano tenuto imprigionato, un corpo nuovo finalmente in armonia con un cuore nuovo. Fu come una rivelazione, una felice epifania".
(Gazzetta.it)
La rinascita di un uomo meraviglioso.
Grande Pesso!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie per n on aver mollato!!!!

marco99 ha detto...

un abbraccio sincero per il "pessottino"

zebrabianconera10 ha detto...

Grazie per i vostri commenti!
Dò il benvenuto al mio nuovo compagno di viaggio Christian.
Ti ho inserito nella lista dei blog amici.
Ciao!!!

Anonimo ha detto...

grazie per l'inserimento

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