giovedì 3 gennaio 2008

Sacchi: "E' un calcio con poca evoluzione del gioco"

«C’è un certo immobilismo da parte delle società che si trasmette sugli allenatori e sul gioco». È l’accusa lanciata da Arrigo Sacchi nel corso di un suo intervento a Radio Radio. «Poche squadre si sono evolute, modernizzate, molti stanno riproponendo temi antichi. L’assenza di novità è una causa di mancato entusiamo. La Roma è una delle poche che con un investimento non faraonico e corretto, attraverso il proprio settore giovanile e le capacità del proprio allenatore e con un organico non straordinario, riesce a creare un calcio alternativo e innovativo, specialmente in fase offensiva. Alla Roma c’è la valorizzazione delle idee, del gioco collettivo. Se Pato fosse un tennista potrebbe essere decisivo, ma nel calcio è uno degli undici per quanto bravo possa essere». Sacchi non si aspetta grandi colpi dal mercato di gennaio: «Chi ha i giocatori bravi se li tiene, tranne se non ci sia qualcuno in disaccordo con la propria società e anche in quel caso ci sarebbe da riflettere sui motivi della rottura. In generale stiamo facendo squadre sempre più vecchie. Gli allenatori italiani sono tra i più preparati, ma spesso fanno opportunismo, vanno in società senza programmazione che si lasciano condizionare da tifoserie e mass media. Per costruire qualcosa di importante bisogna andare in profondità, ma qui se non arrivano i punti ti cacciamo dopo due giornate. Questa è un industria con dei dirigenti che sono rimasti degli artigiani«. Per Arrigo Sacchi l’Inter non costituisce un modello in positivo. «Ha investito molto ma senza nulla togliere ai meriti non può essere un esempio per le altre. Ha un Moratti dalla sua parte che ha grande passione e possibilità economiche, sta dando finanziariamente tantissimo e non so quanto questo sia giusto. Ultimamente hanno dovuto adeguare il deficit che è quasi quanto il loro fatturato, bisognerebbe invece guardare sempre al bilancio e aumentare le capacità di introiti».


Sono d'accordo su tutto quello che ha detto. E' una delle poche persone appartenenti (o appartenute) al mondo calcistico che parla liberamente senza peli sulla lingua e senza alcuna paura nell'affrontare temi delicati. Ho sempre ritenuto fosse una persona fin troppo "inquadrata", da allenatore le sue squadre riflettevano esattamente quello che lui trasmetteva: voglia di stupire, rimanendo però legati alle proprie idee e ad un solo sistema di gioco. Da commentatore e critico apprezzo invece la sua onestà intellettuale e il non essere mai banale nei giudizi.

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